La Basilica di San Andrea, iniziata nel 1219 ma terminata in più epoche successive, con due splendidi campanili e numerose opere d'arte conservate al suo interno;
I lavori di costruzione erano cominciati all'inizio del 1219, ordinati e finanziati dal Cardinale Guala Bicheri, Legato Pontificio, appena tornato dall'Inghilterra ove aveva fama di essere il " salvatore di Enrico III e della Magna Charta".
L'importanza della Basilica di Sant'Andrea nella storia dell'arte italiana deriva dal fatto che essa è una delle prime costruzioni in Italia in cui compaiono gli elementi dell'arte gotica. Durante i lunghi secoli delle invasioni barbariche non era tuttavia morta la grande arte costruttiva romana. Essa si era tramandata attraverso le maestranze dei paesi presso i laghi lombardi, le quali vennero piu' tardi chiamate con il nome generico di "Maestri Comencini" . Ad essi è dovuto quel primo rinascimento dell'architettura, ligio ai canoni dell'arte antica, che fu dagli operai esportato e diffuso in Europa e che si chiama Arte Romanica.
In origine
il Duomo di Vercelli era una grande chiesa di tipo basilicale sul modello di S.Pietro in Roma, a cinque navate divise da quattro file di nove colonne monolotiche, con esteso transetto e con un'unica abside rivolta ad oriente. Era stata ricostruita sulle rovine di una precedente chiesa dal Vescovo Albino verso il 435. Al centro, preceduto da un ampio presbiterio e dal coro vi era il grande e solenne arco trionfale al di soto del quale si innalzava l'altare maggiore, sotto al quale riposavano le spoglie del protovescovo Eusebio. L'ampio catino dell'abside era decorato a mosaico e vi era collocato il mirabile pergamo scolpito da Benedetto Antelami.
Bibloteca Civica
La Biblioteca Civica nacque a Vercelli per iniziativa di alcuni illustri studiosi, tra i quali Luigi Bruzza (storico e archeologo, 1813-1883) e Sereno Caccianotti (storico e archeologo, 1809-1879) e di alcuni politici, tra i quali il sindaco Luigi Verga. Nel 1860 essi si attivarono fortemente per istituire una biblioteca pubblica, in grado di soddisfare le esigenze culturali e sociali della cittadinanza, la cui domanda era mutata ed aumentata rispetto al passato.
Molte difficoltà ritardarono tuttavia di parecchi anni la realizzazione del progetto da parte del Comune. La biblioteca fu aperta al pubblico il 15 novembre 1875, nei locali situati all'ultimo piano del Palazzo Comunale, con un fondo bibliografico di oltre 7000 volumi ed opuscoli, provenienti dalle donazioni di privati e da un nucleo di fondi antichi già esistenti presso l'Archivio storico del Comune. Nel Catalogo dei libri esistenti nella Biblioteca Civica, pubblicato nel 1876, sono elencati 7833 titoli. Vi figurano, fra l'altro, incunaboli e numerose edizioni del XVI secolo. Nella relazione Intorno alle condizioni della Biblioteca Civica ed alla sua attività nel corso dell'anno 1887, presentata dal bibliotecario Cesare Faccio alla Commissione Municipale di vigilanza e pubblicata nel 1888, i dati statistici relativi al patrimonio sono i seguenti: 25.392 volumi ed opuscoli al 1° gennaio 1887 e 25.750 volumi ed opuscoli al 1° gennaio 1888.
Nel 1959 la sede della Biblioteca Civica fu trasferita in via Cagna, nel palazzo settecentesco dei baroni Vicario di Sant'Agabio, ristrutturato ed ampliato con la costruzione del magazzino librario verso il cortile del Municipio, dove tuttora si trova.
Dal 1875 ad oggi il patrimonio bibliografico si è notevolmente arricchito per acquisti, donazioni, lasciti e diritto di stampa.
Tra le donazioni ricordiamo per importanza: la collezione dantesca Gandola (edizioni dantesche e di critica dantesca), consistente in 1481 volumi; la collezione Tea (edizioni artistico-letterarie, tesi di laurea in storia dell'arte), consistente in 2850 volumi; il legato Faldella (scrittore, 1846-1928; edizioni storiche,
letterarie e politiche e periodici del XIX e XX secolo), consistente in 4789 volumi; il fondo Achille Giovanni Cagna (scrittore, 1847-1931; edizioni e manoscritti autografi del donatore). Tra le donazioni e i lasciti provenienti da privati citiamo altresì quelli di Carlo Dionisotti, Luigi Marocchino, Aronne Bedarida, Antonio Borgogna, Ilda Sacerdote, Ettore Berra, Ambrogio Trentano, Giovanni Necco, Virginio Bussi, Francesco Picco, Baldassarre Buffa, Franco Prina.
Il patrimonio antico della Biblioteca Civica (dal XV al XIX secolo) è ragguardevole e conserva prime edizioni, opere storiche, letterarie e scientifiche rare e di pregio, periodici ormai introvabili in altre biblioteche. La biblioteca inoltre annovera tra i suoi fondi una collezione di edizioni bodoniane e pregevoli testimonianze di arte tipografica vercellese.
Attualmente il patrimonio bibliografico della Biblioteca Civica consiste in circa 200.000 volumi e opuscoli, oltre 19.000 volumi di periodici, circa 50 incunaboli, 986 edizioni del XVI secolo e 624 manoscritti.
Museo Borgogna
Situato nel cuore di Vercelli, il Museo ha sede in un bel palazzo ottocentesco riccamente decorato e circondato da un giardino. Esso racchiude la seconda pinacoteca in Piemonte per quantità e qualità delle opere esposte (450 opere disposte su tre livelli in circa 3000 metri quadri).
Unico per ricchezza e coerenza è l'insieme della pittura rinascimentale dell'attuale Piemonte orientale. La maggioranza dei pezzi proviene dalla straordinaria raccolta del collezionista Antonio Borgogna, fondatore del Museo, comprendente opere d'arte dal Rinascimento all'Ottocento. L'arte del XIX secolo è rappresentata non solo dalla pittura europea, ma anche da opere di scultura e arti applicate. Il Museo possiede inoltre un fondo di grafica e un ricco archivio fotografico di lastre storiche.
La Fondazione, istituita per legato testamentario nel 1907 da Antonio Borgogna, è retta da un consiglio di amministrazione. Il presidente Francesco Ferraris vi augura Buona Navigazione al sito, realizzato in collaborazione con l'Università Amedeo Avogadro di Vercelli, grazie al generoso sponsor Fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli.
MUSEO CAMILLO LEONE
Museo Leone
Museo di prevalente carattere storico, presenta anche interessanti raccolte archeologiche e di arti applicate. Fu aperto al pubblico nel 1910 a cura dell'Istituto di Belle Arti, erede della ricca collezione di oggetti antichi e delle propriete immobiliari del notaio Camillo Leone. È costituito da due distinti edifici, collegati nel 1939 da una manica di raccordo: la cinquecentesca casa Alciati e il barocco palazzo Langosco.
Il Museo ha sede in due edifici storici:
CASA ALCIATI e
PALAZZO LANGOSCO, collegati nel 1939 da una manica di raccordo.
L'ingresso da via Verdi immette nel cortile di un antico edificio costruito all'inizio del XVI secolo per i nobili Alciati, proprietari terrieri del vercellese. Presenta la tipica pianta, di derivazione romana, con stanze disposte attorno ad un cortile centrale, pressochè quadrato, con porticato al pianterreno ad archi a tutto sesto, sorretti da colonne di serizzo, che si ripetono con dimensioni ridotte al primo piano. La struttura semplice, ma elegante è arricchita da un ciclo di affreschi coevo, che decora le pareti di nove stanze. Fu riportato alla luce durante il restauro dell'edificio, realizzato tra il 1930 e il 1934 dall'ingegnere Paolo Verzone.
La costruzione di palazzo Langosco, che ospita al primo piano le collezioni di arte decorativa, fu realizzata a metà del XVIII secolo su commissione del conte Gioachino Ignazio Langosco di Stroppiana. I due edifici preesistenti furono uniti a nord da un nuovo corpo di fabbrica, dando origine ad una costruzione a due piani con pianta di forma trapezoidale aperta. I prospetti sono caratterizzati da "cartelle" con festoni floreali in stucco, che sovrastano le finestre. Lo stucco è utilizzato anche all'interno, ad esempio nella decorazione delle volte dell'atrio, dal quale si diparte lo scalone a tre rampe, che conduce al piano nobile. Affreschi con piacevoli decorazioni di soggetto mitologico decorano le volte di quattro saloni e un camerino.
Già abitazione del notaio Leone, divenne, a partire dal 1910, sede delle sue collezioni. In occasione del riallestimento del Museo nel 1939 l'edificio fu modificato con la costruzione di un loggiato d'angolo ad unione del lato sud con quello ovest, per la necessità di rendere continuo e circolare il percorso di visita.
Questi due edifici antichi furono collegati da una manica di raccordo, realizzata dall'ingegnere torinese Augusto Cavallari Murat, nel 1939, per ospitare le collezioni archeologiche e quelle attinenti la storia della città. Progetto interessante dal punto di vista museografico, pensato in funzione degli oggetti da esporre, ha come fulcro scenografico il grande salone a forma di aula basilicale romana, denso di simboli storico-politici.